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Francesco Franchi: ripensare i giornali

Osservatorio — 08 luglio 2021

"Mi piacerebbe trasformare l’edizione cartacea in una playlist ben curata. Un giornale deve saper selezionare e questo vale sia nel giornalismo così come nello shopping per esempio"

Per chi ama la carta stampata Francesco Franchi è sicuramente un nome che non passa inosservato. Classe 1982, designer e art director, è entrato nel mondo dell’editoria sin da giovane diventando art director di IL - The Intelligent Lifestyle Magazine de Il Sole 24 Ore. Nel 2016 è approdato a Repubblica, sotto la direzione di Mario Calabresi, e poi ci sono stati premi e i riconoscimenti, tra cui diverse menzioni d’Onore al Premio Compasso d’Oro, e un libro, Designing news, uscito per Gestalten nel 2013. Con Francesco abbiamo parlato del suo lavoro, di come il mondo delle riviste si stia evolvendo e come il manufatto cartaceo rappresenti una nuova opportunità per gli editori.

Quanto e come è cambiato il panorama dell’editoria negli ultimi dieci anni?

Ho iniziato a lavorare con i giornali nel 2008, all’interno della redazione de Il Sole 24 Ore. In questi anni ho avuto l’occasione di collaborare con mensili, settimanali e quotidiani. Le redazioni sono ambienti per un certo verso restii al cambiamento e a mettersi in discussione. I grandi giornali sono organismi molto complessi per varietà e tipologie di attori coinvolti, così come lo sono le dinamiche aziendali. C’è anche da considerare che nei grandi gruppi i processi tendono a essere piuttosto lunghi. Un elemento di cambiamento tangibile è sicuramente stato il calo della foliazione, a fronte di minori budget economici per produrre contenuti. Di conseguenza, nell’ecosistema editoriale, le figure redazionali sono in una certa misura indebolite.

E il tuo metodo di lavoro è cambiato, in questi anni?

Il mio approccio al progetto è rimasto inalterato, quello che probabilmente si è evoluto nel tempo è il mio ruolo, come anche le responsabilità. Mentre prima ero molto focalizzato sul lavoro legato alle infografiche oggi coordino un team di 15 grafici al lavoro su più progetti. Nell’ultimo periodo mi sono concentrato sul redesign D - La Repubblica delle donne, ma le dinamiche sono state le stesse di quando lavoravo a IL.

Come si costruisce un prodotto di informazione dal design riuscito? E quanto è importante il dialogo tra chi progetta la forma e i contenuti?

La vera differenza la fa il team di lavoro che si dedica al progetto. Nel caso di IL, per esempio, la forza è stata quella di avere un gruppo di lavoro giovane, che parlava la stessa lingua, all’interno di un contesto austero come quello de Il Sole 24 Ore. Eravamo una sorta di cellula impazzita dove basta uno sguardo per comprendersi. In fin dei conti il giornale è espressione delle persone che lo fanno e le relazioni, come dicevo, rappresentano il primo punto per costruire un progetto di successo. Un gruppo non necessariamente enorme, ma coeso, porta a risultati di qualità. Il continuo confronto, talvolta scontro, tra le figure che compongono il giornale è centrale.

Quanto conta il design di un giornale?

A differenza di altri prodotti, la confezione per un giornale non è un involucro esterno che contiene, avvolge o protegge il contenuto. Ma la confezione in un giornale prende forma dal suo contenuto. Quindi è importante in una redazione avere una linea dedicata alla confezione, ma attenzione, non deve essere il solo reparto grafico come inteso ora. Dovrebbe essere una squadra di redattori, designer, photoeditor, illustratori e sviluppatori che lavorano intelligentemente e con idee. La confezione fa l’identità di un giornale e trasforma il giornale in un prodotto che i suoi lettori sono orgogliosi di esibire, così come i consumatori si autodefiniscono attraverso l’accessorio che possiedono. A maggior ragione perché il futuro davanti a noi si sta configurando come un business digitale, dovremmo pensare a una nuova carta, intesa come un altro mezzo di informazione.
Se la stampa è bellezza, ed è bellezza, allora io sarei per cambiare la regola (perdonami lo slogan): non più “visto si stampi”, ma “vale si stampi”, stampiamo solo ciò che è necessario e di valore, alziamo la qualità dei giornali di carta. Mi piacerebbe trasformare l’edizione cartacea in una playlist ben curata. Un giornale deve saper selezionare e questo vale sia nel giornalismo così come nello shopping per esempio. La crescita delle opportunità online porta infatti i consumatori a rivolgersi per consigli a editori fidati e rispettabili, creando una nuova linea di ricavi per i gruppi editoriali.

I prodotti che non possono mancare nella tua rassegna stampa quotidiana.

Tra gli altri Il Foglio, Linkiesta, il Post.

E internazionali, invece?

New York Times, Financial Times, New Yorker, New York Magazine, Monocle.

Della crisi dei giornali cartacei e dell’accelerazione dovuta al digitale se ne parla da anni. Cosa manca a quest’industria per riuscire ad attrarre lettori, soprattutto giovani?

I giornali dovrebbero inseguire meno i lettori e non produrre un oceano di contenuti dettato dalle logiche pubblicitarie. Il grande tema oggi è quello di lavorare su qualità e meno sulla quantità. Un prodotto settimanale che esce nel weekend può essere interessante in questo senso, perché sfrutta il momento in cui le persone si fermano e hanno tempo per leggere. Il panorama italiano sembra vivere oggi il suo momento “digital first”. Negli Stati Uniti e in Gran Bretagna è successo almeno sei anni fa. A livello internazionale sono già uno passo avanti: hanno capito quanto sia importante vedere la carta stampata come un nuovo prodotto. Credo che oggi le redazioni debbano essere divise in due: la prima concentrata sulle notizie da riprendere sul digitale; la seconda capace di immaginare e confezionare un prodotto giornalistico di alto livello. Il mondo dell’editoria ha bisogno di coraggio per mettersi in discussione e provare a ripensarsi seguendo la contemporaneità.

In occasione dei 25 anni di D - La Repubblica delle donne hai immaginato un’edizione speciale con un carattere tipografico, Eugenia, realizzato ad hoc insieme a Commercial Type. Avete scelto un’immagine grafica per la copertina, ti andrebbe di raccontarmi qual è stata l’idea alla base del progetto?

D - La Repubblica delle donne ha un passato glorioso, è stato un faro della grafica editoriale degli anni Novanta. Abbiamo immaginato un numero speciale, celebrativo: è stata l’occasione per ripensare il design del prodotto, vista anche la foliazione importante. Così abbiamo ragionato su una versione femminile di Eugenio, il carattere realizzato per Repubblica e lavorato a un impianto grafico nuovo. Questo numero coincide con una fase di sperimentazione dove anche la redazione è coinvolta. Perché la grafica si costruisce sulle idee giornalistiche.

Foto di James Mollison





Tag: Interviste Francesco Franchi



© Fuorisalone.it — Riproduzione riservata. — Pubblicato il 08 luglio 2021

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