In collaborazione con Lampoon

Lampoon x Fuorisalone: nuovi orizzonti del design, della moda e altre storie

News — 25 gennaio 2023 AUTORE: Giuseppe Francaviglia

Lampoon e Fuorisalone fanno il punto su cosa cambia nel design, come muta Milano e l’Italia. Una serie di reportage e approfondimenti, online e dentro la nostra newsletter L'indispensabile.

Fra le necessità umane che diventano vizi c'è quella di definire. La nostra natura ci rende impossibile concepire qualcosa, qualsiasi cosa, se non riusciamo a definirla, fissandone limiti e confini. Lungi dal voler entrare in dispute gnoseologiche, ciò che interessa qui è comprendere come questa necessità diventi vizio. Perché non ci è possibile accettare che, oggi più che mai, l’atto di definire sia più un limitare che un descrivere? Quando tutto intorno cambia e si evolve ad una velocità mai conosciuta prima, quando a cambiare non sono solo i contesti ma anche i punti cardini, è davvero possibile definire senza ammettere l’inevitabilità del cambiamento? È abbracciando tale prospettiva che credo sia corretto approcciarsi al design e al suo rapporto con la città di Milano.

Il termine design deriva dal latino signum, in italiano segno; la lingua inglese da parte sua manifesta meglio l'ambiguità di certi termini, e così la parola design può essere utilizzata sia come sostantivo che come verbo; assume significati come ‘intenzione’, ‘proposito’, ‘scopo’, ‘struttura di base’; come verbo ‘architettare’, ‘ideare’, "organizzare’. E chiaro che questi significati non esauriscono le possibilità che si aprono quando dalla mera parola ci spostiamo a definire la disciplina: questa è infatti al contempo tecnica, scientifica e sociologica e umanistica. È ingegneria e arte. È qui che la necessità di definizione diventa vizio, e non a caso nel tempo a più riprese si è chiesto di definire cosa sia il design per come lo contempliamo oggi.

Fatalità: il primo ad accostare questo termine ‘spirituale’ al design è stato nel 1972 Jean Baudrillard, nel suo Pour une critique de l’économie politique du signe. «Nulla sfugge al design: è la sua fatalità». In un'intervista a Le Monde del 2005, Ettore Sottsass dice: «Tutto è design, è una fatalità». Queste due ‘definizioni d’artista’ aiutano a spiegare quanto la necessità di definire tale disciplina non solo non sia utile, ma sia ontologicamente sbagliata. Come si può definire qualcosa che ha in sé il Fato di essere tutto, di comprendere tutto? Non a caso il design ha mutato il suo agire in relazione alle epoche, anzi, anticipandole: nel 1971, mentre in Italia il termine design era ancora solo usato in relazione al disegno industriale – un’Italia in cui nelle scuole e nelle fabbriche si cominciava, aspetto non secondario, la coscienza di classe – l’artista e designer Bruno Munari spiega che «il designer è un progettista dotato di senso estetico, che lavora per la comunità». Non è un caso il riferimento alla Comunità: se oggi è l'Individuo al centro della gerarchia sociale, a partire dalle rivendicazioni del Sessantotto è il gruppo, la comunità appunto, a diventare il metro con cui misurare ciò che circonda l’essere umano.

Come spiegato dallo storico dell’arte e curatore Emanuele Quinz in un articolo di Domus, già nel 1970 Victor Papanek, in Design for a Real World, incentra la descrizione di cosa sia il design sulla capacità di trasformazione del mondo, modificando l’ambiente naturale e le infrastrutture sociali. Partendo da questa concezione dagli anni Ottanta si stabiliscono le relazioni tra design, ecologia e sviluppo sociale: si parla di ethical turn del design. Il design è visto come il vettore di una rivoluzione dello stile di vita, capace di invertire il modello di sviluppo basato sull’innovazione costante. Si parla di design come progetto ‘anti-industriale’. Questo è l’esempio perfetto della capacità di anticipare ‘lo spirito del tempo’ – almeno di un decennio – insito nella pratica del disegno, più che nella definizione: il ritorno alla natura anche nella progettazione è oggi imprescindibile.

Così, già negli anni Novanta prima della definitiva affermazione del digitale come ecosistema, si comincia a parlare di design ‘globale’ (si veda Bruce Mau con il suo progetto-manifesto Massive Change). E oggi, recependo i prodromi delle tensioni di una società globalizzata, dove per antitesi esplode la necessità – il vizio – di definire chi e cosa si è, il design assume sempre più un connotato sociale diventando strumento di costruzione identitaria.

Qui ritorna la domanda iniziale: abbiamo bisogno di una definizione di design, o sarebbe invece più corretto sostenere, rivendicare una sua ‘non-definizione’ una sua fatalità, appunto? All’inizio di questo ragionamento si accennava al rapporto tra il design la città di Milano. Questa è senza dubbio la città in cui si immagina e si progetta, nel bene e nel male, il futuro dell’Italia. Se è vero che in questa natura 'progettuale' può essere ricercata la amalgama della relazione tra design, c’è qualcosa di più profondo. È guardando questo rapporto dalla prospettiva di rivendicazione di una “non-definizione” che il rapporto tra il design e Milano diventa naturale.

Certo ci sono i dati: l'ultimo rapporto Symbola - Deloitte conferma Milano come centro del design in Italia, capace di concentrare il 18% del valore aggiunto del settore sul territorio nazionale. I dati aiutano a definire: ‘Milano capitale del Design’, come ‘capitale della Moda’ e della Musica ma anche della gentrificazione, dell'emigrazione interna. Milano è tutto e niente, cambia, con moto incessante modifica i suoi punti di riferimento. Muta all’esterno: cresce in altezza ma si espande anche nelle periferie, delle città della madonnina diventa la città dei grattacieli e delle archistar; così come cambia all’interno: “a Milano non ci sono più milanesi” usando uno dei cliché che, questi sì, non cambiano mai. Milano è un moto, incessante a tratti convulso. Milano è, punto. Ecco la relazione con il design: entrambi non sono definibili se non accettando l'ineluttabilità del cambiamento.

Sarà questo cambiamento il fulcro della collaborazione fra Lampoon.it e Fuorisalone.it. Reportage e approfondimenti che avranno l’obiettivo di analizzare e raccontare cosa cambia nel design, come muta  Milano e l’Italia. Comprendere cosa comportano a livello sociale le mutazioni e le tendenze, e se queste siano a loro volta sintomi di fenomeni ancora in nuce. Un progetto che esplorerà le trasformazioni che di questa epoca e di questa società sono il principale ‘segno’, in latino signum. Per definizione, la parola da cui deriva l’etimologia di Design.





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© Fuorisalone.it — Riproduzione riservata. — Pubblicato il 25 gennaio 2023