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LOC – Loreto Open Community e la degenerazione dello spazio pubblico a Milano

Milano — 06 febbraio 2023 AUTORE: Giorgia Martini

Il progetto Loreto Open Community può da un lato favorire la fruizione quotidiana dello spazio pubblico da parte dei cittadini, dall'altro ostacolare l'essenza stessa di una piazza.

Piazzale Loreto: nodo urbani irrisolti della città di Milano

Piazzale Loreto è uno dei nodi urbani irrisolti della città di Milano. Regno delle automobili, è ad oggi un gigante snodo viario in cui si incontrano viale Brianza, viale Monza, via Padova, via Costa, via Porpora, viale Abruzzi, corso Buenos Aires e via Doria. Da anni si susseguono idee, dibattiti e progetti per venire a capo della situazione. In piena euforia Expo, nel 2015, si ipotizzò persino di piazzarci l’Albero della Vita, il monumento dell’Esposizione Universale, un pilone di cemento con protesi curve.

Attualmente possiamo definire Piazzale Loreto una ‘piazza’ solo in quanto uno spazio vuoto circondato da edifici, ma è difficile considerarla tale secondo quelli che sono i canoni dell’immaginario collettivo, un luogo di ritrovo e di riunione per i cittadini.
 

L'inserimento di Piazzale Loreto nel programma Reinventing Cities, promosso da C40 – Cities Climate Leadership Group

La volontà politica di trasformare questo tassello urbano si è concretizzata nel 2019 con l’inserimento di Piazzale Loreto all’interno del programma Reinventing Cities, competizione globale promossa da C40 – Cities Climate Leadership Group, un network che coinvolge novantasei metropoli nel mondo e promuove iniziative di rigenerazione urbana.

L’obiettivo di Reinventing Cities è quello di individuare zone o edifici sottoutilizzati, in stato di degrado o abbandono e ripensare la loro integrazione nella città. Almeno in linea teorica, il senso della radicale trasformazione che coinvolgerà piazzale Loreto entro il 2026 va nella direzione di restituire quei 9200 metri quadri di città alla fruizione pubblica.
 

Il progetto vincitore: LOC – Loreto Open Community

Progetto vincitore del bando, LOC – Loreto Open Community, è nato dalla collaborazione di diversi soggetti: CEETRUS Italy SpA, Arcadis Italia, Metrogramma, Studio Andrea Caputo, MIC–HUB, LAND, Temporiuso, LAND Italia Srl, FROM, SIST, MANENS – TIFS, IGPDecaux, Siemens, Helexia Italia. Nhood Italy, società internazionale di servizi e sviluppo immobiliare, specializzata in rigenerazione urbana, è capocordata, investitore, developer e gestore della futura piazza. Il progetto LOC segue tutte le tendenze e i dettami dell’architettura contemporanea: si dichiara resiliente e a basso ambientale, dice di promuovere la mobilità lenta e la ‘città a 15 minuti’, vorrebbe promuovere lo sviluppo di comunità ed essere uno spazio inclusivo.
 

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Il dibattito intorno al progetto LOC: più volumi edilizi, meno spazio per lo statuto di piazza e l’intervento di Alessandro Benetti su Domus

C’è però un aspetto che ha generato un dibattito critico: l’inserimento di nuovi volumi a utilizzo in prevalenza commerciale all’interno del vuoto urbano.

Spiega bene questo particolare l’architetto e critico Alessandro Benetti su Domus: "L’equivoco del concorso deriva da un’applicazione esatta ma discutibile dei principi della perequazione, un termine che in urbanistica identifica, in sintesi, l’attribuzione al privato di diritti edificatori in cambio della cessione al pubblico di aree o servizi di interesse collettivo. In questo caso l’interesse collettivo è la riqualificazione del piazzale, che viene finanziata ampliando con una nuova torre il complesso per uffici all’angolo tra Via Porpora e Viale Abruzzi e, ciò che più interessa qui, aggiungendo volumetrie in prevalenza commerciali a quelle già esistenti nel mezzanino della metropolitana, che riemergono in superficie".
 

Milano e la tendenza a privatizzare materialmente e concettualmente le aree pubbliche

Saturando lo spazio vuoto con dei volumi edilizi viene meno lo statuto di piazza e si porta avanti la tendenza ormai consolidata a Milano di privatizzare materialmente e concettualmente le aree pubbliche: da un lato è innegabile il peso delle società private ai fini della realizzazione di gran parte dei progetti di rigenerazione urbana e la natura spesso lucrativa che si attribuisce a quei luoghi; dall'altro la configurazione stessa dello spazio pubblico viene progettata più all’insegna della compartimentazione, della frammentazione in aree quasi a sé stanti, che riproducono la dimensione del privato, più che al fine di restituire alla città un’area libera, aperta, capace di accogliere i cittadini nel quotidiano.
 

Loreto: una piazza che nasce nel nome del publicus ma che per gli interessi privati non più una piazza; le parole dell’ex assessore all’urbanistica Maran

Questa ulteriore distorsione dello spazio pubblico fa riflettere soprattutto se, riprendendo le parole dell’ex assessore all’urbanistica Pierfrancesco Maran, consideriamo che «ci sono luoghi che segnano il destino di una città e piazzale Loreto è uno di questi», riferendosi a come la natura di alcuni luoghi simbolo impatti sul volto complessivo di una città.

Se come notava Maran in occasione della presentazione di LOC, è molto chiara che immagine della società emerga osservando il piazzale Loreto figlio degli anni del boom economico e delle automobili come bene di massa, è altrettanto chiara l’immagine della società restituita da una piazza che vorrebbe rinascere nel nome del publicus, ma è realizzata per mano di un privato e che per tali interessi non è più una piazza.

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La trasformazione urbana milanese: la mancanza di un disegno unitario, la frantumazione urbana e il carattere episodico degli interventi

Non è facile affrontare il tema della trasformazione urbana milanese nel suo assetto complessivo, perché di fatto è assente un disegno unitario.

Ammessi la frantumazione urbana e il carattere episodico degli interventi, è importante ricostruire di volta in volta le vicende architettoniche e urbanistiche, svelarne i meccanismi politico-economici che li hanno generati e definiti: questo per delineare delle tendenze ed evidenziare come a queste scelte corrispondano delle tracce spaziali.

È giusto quindi menzionare alcuni degli eventi recenti che hanno contribuito a creare la configurazione odierna della città. Unire i punti e provare a ricavarne un’immagine complessiva.
 

Il dibattito del 2007 sulla costruzione del quartiere City Life nell’area dalla Fiera Campionaria di Milano

Era il 2007 quando è iniziata la costruzione del quartiere City Life, che un tempo era un’area occupata dalla Fiera Campionaria di Milano. La dimensione della trasformazione urbana, ridisegnata dalla cordata di archistar Arata Isozaki, Daniel Libeskind e Zaha Hadid non è comparabile con quella di LOC: parliamo di un masterplan 170 mila quadrati e non dei quasi 10 mila di Piazzale Loreto.È tuttavia utile menzionare il progetto per il tipo di dibattito architettonico che aveva generato, in particolare sulla qualità dello spazio pubblico.

Per City Life, il progetto secondo classificato disegnato da Renzo Piano divideva il lotto quadrato diagonalmente in due parti, di cui una sarebbe diventata uno spazio pubblico vero, aperto e di grandi dimensioni: un regalo alla città. L’attuale parco è invece frammentato, in parte recintato e a uso esclusivo dei condomini privati, un contorno dello spazio costruito.

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Erosione dello spazio pubblico: Milano non è più del Comune è tutta in mano ai privati

Solo quindici anni fa Milano non era ancora abituata a questo tipo di trasformazioni. Oltre a City Life possiamo citare Porta Nuova, il Bosco Verticale, Santa Giulia, Expo 2015 e altri ancora. Questi casi studio sono sintomi, più o meno visibili, di una lenta erosione dello spazio pubblico.

Si possono mettere in fila una serie di casi studio, di sintomi più o meno visibili, di una lenta erosione dello spazio pubblico: dalla contestata distruzione improvvisa dell’anfiteatro di via Porlezza al nuovo Apple Store di Piazza Liberty. "Non li chiamiamo più negozi, li chiamiamo piazze", affermava in un’intervista Angela Ahrendts, senior vice president retail di Apple, descrivendo questi ‘spazi di aggregazione’ negli Stati uniti.

Ma come ci ricorda la giornalista Kelsey Campbell-Dollaghan: "I negozi non sono piazze. Le ‘piazze cittadine’ di Apple sono una rappresentazione cinica della vita pubblica dell’America di oggi".

Kelsey Campbell-Dollaghan: "I negozi non sono piazze"

Non vediamo grandi differenze con la tendenza meneghina degli ultimi anni. Molti dei progetti menzionati sono stati argomento di una delle ultime conferenze di Richard Ingersoll, uno degli storici dell’architettura più riconosciuti e rispettati nel mondo.

Intitolata Big Milano: The privatization of the public real, la sua lecture si focalizzava sull’ambiguità degli spazi pubblici sviluppati da privati. "Non è possibile organizzare una manifestazione in questi spazi e i proprietari hanno il diritto di escludere chiunque non sia gradito dalla loro proprietà. Il carattere ludico di questi luoghi determina una sorta di atmosfera turistica, una fuga dalla pressione della frenesia milanese. Dubito che molti dei fruitori del nuovo spazio pubblico abitino effettivamente nelle vicinanze, a parte coloro che portano a spasso il cane".
 

L’intervento di Ingersoll si lega alle osservazioni di Benetti su Piazzale Loreto

"Il caso del concorso per Piazzale Loreto, più di qualsiasi altra querelle urbanistica milanese degli ultimi anni, deve stimolare una riflessione seria sul ruolo della promozione immobiliare nella definizione della qualità degli spazi della città, sulle sue potenzialità e i suoi limiti, e sulla necessità di una regia pubblica che sappia schierarsi senza ambiguità a favore dell’interesse collettivo".

Non dobbiamo arrenderci al fatto che questo sia l’unico modo in cui oggi è possibile spazio pubblico a Milano e che non ci sono alternative. C’è una caratteristica che più di ogni altra dobbiamo salvaguardare e pretendere per i prossimi spazi urbani della città: l’imprevedibilità.





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© Fuorisalone.it — Riproduzione riservata. — Pubblicato il 06 febbraio 2023