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Che rapporto c’è tra cambiamento climatico e finanza?

News — 29 novembre 2022

Il mondo della finanza tradizionale, e degli operatori cosiddetti mainstream, quelli di maggior peso nel mercato finanziario, ignora colpevolmente ancora oggi l’impatto dello sfruttamento delle fonti fossili d’energia, tra le cause primarie del riscaldamento globale.

Si è conclusa da poco COP27, la Conferenza sul clima delle Nazioni Unite, che quest’anno si è tenuta a Sharm el-Sheikh, in Egitto. Come è stato fatto notare dagli analisti, è stata una tra le conferenze Onu sui cambiamenti climatici più lunghe di sempre: ai tavoli di discussione la diplomazia si è confrontata oltre 30 ore extra rispetto alla scadenza ufficiale. Come sottolineato da Antonio Guterres, segretario generale dell'Onu. “Il pianeta è ancora in rianimazione. Dobbiamo ridurre drasticamente le emissioni ora e questo è un problema che questa COP non ha affrontato. Il fondo per le perdite e i danni è essenziale, ma non è una risposta se la crisi climatica cancella dalla mappa un piccolo Stato insulare o trasforma un intero Paese africano nel deserto”.

I risultati ottenuti durante COP27

Rispetto alle ambizioni iniziali, a valle degli incontri, i risultati ottenuti al termine del summit egiziano non possono che definirsi minimi. L’accordo raggiunto a Sharm el-Sheikh punta a proteggere l’esito della COP26 di Glasgow, con l’obiettivo congiunto di mantenere l'aumento delle temperature entro 1.5°C rispetto al periodo pre-industriale. Con le attuali politiche, infatti, l’aumento di temperatura media globale stimato è compreso tra 2,1 e 2,9 °C. Molte rinunce sono state fatte sul fronte mitigazione, del resto, mentre il risultato più significativo è rappresentato dall’introduzione del riconoscimento economico di perdite e danni provocati connessi al surriscaldamento globale (il cosiddetto loss and damage): è stata approvata infatti la volontà di istituire un fondo di compensazione per i Paesi in via di sviluppo, più esposti agli effetti del cambiamento climatico. Al momento i dettagli di tale strumento non sono ancora chiari, dalle quantità ai soggetti coinvolti. “Si tratta di un passo importante sul fronte della giustizia climatica. Accolgo con favore la decisione di creare un fondo e di renderlo operativo in un futuro prossimo. È chiaro che questo non basta, ma è un segnale politico necessario per ricostruire una fiducia che era stata minata”, ha dichiarato Antonio Guterres. Ci sarà ancora ancora molto da fare, quindi, e il tempo stringe. Il prossimo confronto si terrà, in occasione di COP28, negli Emirati Arabi, un altro Paese su cui pesa tuttavia un importante conflitto di interesse tra la sua economia fortemente basata sullo sfruttamento degli idrocarburi e i propositi ufficiali di contrasto al climate change.
 


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Chi finanzia la crisi climatica?

Combustibili fossili come carbone, petrolio e gas, una volta bruciati, consentono di produrre energia utile per svolgere le principali attività dell’uomo sulla terra. Uno degli effetti collaterali delle attività antropocentriche così alimentate è però l’innalzamento globale delle temperature, con conseguenze gravi che sono già evidenti. È perciò necessario un cambio di paradigma, quella che tra gli addetti ai lavori viene chiamata “transizione ecologica” verso un modello di sviluppo sostenuto da fonti rinnovabili e a ridotta emissione di gas serra: cambiare radicalmente il modo in cui produciamo energia è fondamentale. Secondo il rapporto Banking on Climate Chaos dello scorso anno, 60 grandi banche internazionali hanno concesso 4600 miliardi di dollari alle aziende che perpetuano la filiera delle fonti fossili nel periodo 2016-2020, contribuendo così all’incremento della temperatura media globale. Tra queste, ai primi posti, spiccano colossi come le principali banche d’affari americane: JPMorgan Chase, Citi, Wells Fargo e Bank of America.

Finanza etica contro il cambiamento climatico

La finanza etica, al contrario, è uno strumento centrale per generare effetti positivi sull’ambiente e la società: scegliere di investire in fondi sostenibili e responsabili è sinonimo di una assunzione di consapevolezza che punta a sviluppare un’economia a basso impatto nella prospettiva di limitare l’avanzamento dei cambiamenti climatici. Come spiega Ugo Biggeri, presidente di Etica Sgr, società di gestione del risparmio delo Gruppo Banca Etica che opera ispirandosi applicando i principi della finanza etica: “La finanza etica si impegna da sempre per un progressivo miglioramento nelle strategie di decarbonizzazione e di abbandono delle fonti fossili, contribuendo in modo importante a quell’azione dal basso per il cambiamento in questa direzione per incidere sui comportamenti delle imprese. La politica, ad oggi, potrebbe fare molto di più per regolamentare l’attività degli operatori in modo da spingerli a sostenere massicciamente la transizione ecologica. Mai ci saremmo aspettati dalla Commissione Ue, per esempio, l’inserimento di gas e nucleare tra le attività che possono definirsi “sostenibili”.

*Questo contenuto è realizzato in collaborazione con Banca Etica, prima e unica banca italiana ispirata, appunto, ai principi della finanza etica, che prende in considerazione ogni aspetto ambientale, sociale e di governance delle imprese che sceglie di finanziare.





Tag: Banca Etica Sostenibilità



© Fuorisalone.it — Riproduzione riservata. — Pubblicato il 29 novembre 2022

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