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Intervista a Kurolily: il gaming in tutte le sue forme

Lifestyle — 06 ottobre 2025

Content creator, streamer e appassionata di videogiochi, Kurolily ci racconta la sua visione tra live, eventi e cultura pop 

Abbiamo incontrato Sara Stefanizzi, in arte Kurolily, in occasione dell’uscita dell’“Atlante dei Videogiochi”, di cui ha firmato la postfazione. Content creator, streamer carismatica e grande appassionata di videogiochi, è player di Red Bull ed è stata la prima italiana a diventare partner Twitch. Con un percorso da conduttrice tv e radio, ha calcato i palchi di Lucca Comics & Games come host della manifestazione e oggi è il volto ufficiale di Milan Games Week & Cartoomics. Tra una live quotidiana e l’altra - dove spazia con grande versatilità tra gaming, serie tv, cultura pop e letture di libri game - ha persino scritto un’avventura tutta sua, L’isola Maledetta. Solare e autentica, con un passato da campionessa regionale di atletica leggera per l’Emilia Romagna, Kurolily porta avanti un’idea di intrattenimento che unisce energia e professionalità a uno stile di vita sano. Una voce unica nel panorama digitale italiano, capace di trasformare ogni progetto in un’esperienza da condividere. Abbiamo fatto due chiacchiere con lei.
 



Oggi essere una streamer va molto oltre il semplice gameplay: c’è intrattenimento, relazione, identità. Cosa tiene davvero incollate le persone davanti a una live?
Secondo me le persone restano perché sentono un legame. Certo, il gioco conta, ma quello che fa davvero la differenza è come ci si sente in live: se è un posto dove puoi rilassarti, ridere, magari anche sfogarti un po’... è lì che vuoi tornare. La cosa più bella è quando si crea quella sensazione di “gruppo”, come se fossimo tutti sul divano a giocare insieme. 

I trend più interessanti, ma anche i più preoccupanti, che noti nel mondo videoludico?
Negli ultimi anni mi ha colpita molto il ritorno del retrogaming, soprattutto quando riesce a fondersi con idee nuove e nuovi format. Mi piace anche che si parli di più di rappresentazione: iniziamo a vedere personaggi più diversi, sia dal punto di vista fisico che psicologico.
Quello che mi preoccupa? Il ritmo folle con cui lavorano molte case di sviluppo. Aspettative altissime e poi l’ossessione per il successo immediato. Se un gioco non “buca” subito, viene abbandonato. E questo rischia di soffocare tante idee belle, che per fortuna vengono portate avanti nel mercato indie.


Cosa rende unico il panorama videoludico italiano rispetto a quello internazionale?
L’Italia ha un modo tutto suo di vivere i videogiochi. Da una parte c’è ancora un po’ di diffidenza culturale, spesso si pensa che siano solo una perdita di tempo, ma dall’altra abbiamo una community super appassionata e creativa a dimostrazione delle tante piccole perle videoludiche uscite negli ultimi anni. Stanno emergendo sempre più voci nuove, soprattutto nella scena indie.

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Da cosa nasce il nick Kurolily?
È una fusione di due parti di me: “Kuro”, che in giapponese vuol dire nero - un colore che ho sempre sentito mio, profondo, intenso - e “Lily”, come il fiore, delicato ma anche forte. È una contrapposizione che mi porto dietro da sempre, un dualismo che ha per me un doppio significato e rimanda al concetto della pecora nera.

Nella postfazione dell’Atlante hai fatto un racconto personale del tuo rapporto con i videogiochi. C’è un gioco che ti ha cambiato il modo di vedere il mondo, o te stessa? 
Assolutamente sì. Se dovessi scegliere un gioco che mi ha davvero “smossa” dentro, direi Metal Gear Solid. Ho recuperato questa saga recentemente e me ne sono innamorata talmente tanto che mi ha portato anche a farmi il mio primo e unico tatuaggio a tema. Una trama molto complessa che mi ha portato a riflettere su quanto spesso le persone vengano usate come pedine di uno schema più grande. Unisce azione, stealth a personaggi con spessore, umanità, contraddizioni. Ti fa riflettere su temi come identità, libero arbitrio, guerra e tecnologia. Ha momenti talmente iconici sottolineati da musiche così evocative, che li ricorderò per il resto della mia vita. 

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Ci sono molte pubblicazioni sui videogiochi: in cosa si differenzia l’Atlante?
L’Atlante è diverso perché non parla solo “di” videogiochi, ma attraverso i videogiochi. Non è un manuale tecnico, e neanche un saggio classico. È una raccolta di esperienze ed emozioni. Un modo per raccontare quanto il videogioco possa toccare la vita delle persone in modi profondi.
È pensato sia per chi gioca da sempre, e sia per chi vuole capire questo mondo con occhi nuovi.





Tag: videogiochi Game Design Libri



© Fuorisalone.it — Riproduzione riservata. — Pubblicato il 06 ottobre 2025

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