La 24ª Esposizione Internazionale di Triennale Milano mette in scena una riflessione corale e multidisciplinare sulle diseguaglianze del nostro tempo
In un mondo frammentato, dove le distanze non si misurano più solo in chilometri, ma in accesso, diritti, possibilità, il design non può più limitarsi a immaginare forme: è chiamato a leggere le fratture del presente, a decifrare i meccanismi che le generano, a proporre nuove connessioni. È da questa necessità che nasce Inequalities, la 24ª Esposizione Internazionale di Triennale Milano, aperta dal 13 maggio al 9 novembre 2025. Terzo e ultimo capitolo di una trilogia curatoriale iniziata nel 2019 con Broken Nature e proseguita nel 2022 con Unknown Unknowns, questa edizione mette al centro le diseguaglianze – un tema politico, umano e urgentissimo – osservandole attraverso le lenti dell’arte, dell’architettura, della ricerca e della cultura del progetto.
Shapes of Inequalities Fragapane ©Alessandro Saletta e Agnese Bedini - ph. DSL Studio
L’esposizione si estende su oltre 7.500 mq, con otto mostre principali, dieci progetti speciali, una sezione di partecipazioni internazionali, un articolato public program e una tournée urbana nei municipi milanesi. Curata da 28 figure provenienti da tutto il mondo, coinvolge 341 autori e autrici di 73 Paesi, tra cui archistar come Norman Foster, vincitore del Pritzker Prize, Beatriz Colomina, Mark Wigley, Hans Ulrich Obrist, Theaster Gates, Kazuyo Sejima, Alejandro Aravena, Elizabeth Diller, Boonserm Premthada e Amos Gitai.
Due le direttrici interpretative che guidano il percorso espositivo: al piano terra, la geopolitica delle diseguaglianze osserva come ricchezza e povertà ridefiniscano la geografia urbana e le relazioni tra territori; al primo piano, la biopolitica delle diseguaglianze entra nei corpi sociali, indagando come genere, salute, provenienza e condizioni materiali influenzino aspettative di vita, mobilità e fragilità. Tra le mostre principali si distinguono i progetti curati da Giovanni Agosti e Jacopo Stoppa, Colomina e Wigley, Marco Sammicheli e Nic Palmarini, Nina Bassoli, Obrist con Natalia Grabowska, Telmo Pievani, Norman Foster con la sua Foundation, e il team di Black History Month Milano.
Cities ©Alessandro Saletta e Agnese Bedini - ph. DSL Studio
Una delle mostre più provocatorie è We the Bacteria: Notes Toward Biotic Architecture (Colomina e Wigley), che propone una rilettura dell’architettura attraverso la lente della simbiosi biologica, suggerendo che i modelli cooperativi dei batteri possano ispirare nuove etiche del costruire. All’interno di questa mostra, il progetto Due facce della stessa moneta, firmato da Laura Krugan, Dan Miller e Adam Vosburgh, ha vinto il Bee Award come miglior progetto originale: una riflessione sulle relazioni invisibili tra esseri umani e microrganismi, come metafora e modello per un’architettura inclusiva.
Portraits of Inequalities. Pittura di classe ©Alessandro Saletta e Agnese Bedini - ph. DSL Studio
Accanto alle mostre, dieci progetti speciali ampliano il raggio tematico, firmati – tra gli altri – da Theaster Gates, Elizabeth Diller (Diller Scofidio + Renfro), Amos Gitai, Federica Fragapane, Kimia Zabhiyan (con un’opera sulla tragedia della Grenfell Tower), Filippo Teoldi, Donatella Sciuto e il team del Politecnico di Milano. La ricchezza del progetto si misura anche nelle collaborazioni: per la prima volta partecipano congiuntamente tutti e cinque gli atenei milanesi – Bicocca, Bocconi, Cattolica, Statale e Politecnico – insieme alla Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico e oltre venti istituzioni internazionali, tra cui Columbia, Princeton, la Serpentine Galleries e la Norman Foster Foundation.
Coordinata sotto l’egida del Bureau International des Expositions (BIE), la sezione delle partecipazioni internazionali invita i Paesi coinvolti a raccontare, attraverso il focus su una città, le forme locali delle diseguaglianze e le possibili risposte progettuali. A ricevere il Bee Award come miglior padiglione nazionale è stato il Libano, con la mostra E dal mio cuore soffio baci al mare e alle case a cura di Ala Tannir, mentre la menzione d’onore è andata al padiglione di Porto Rico con Había una vez y dos son tres “feminisitios”, curato da Regner Ramos.
Come ha dichiarato Stefano Boeri, presidente di Triennale e Commissario Generale dell’Esposizione, Inequalities non offre risposte definitive, ma spazi di pensiero: racconta le ferite profonde che attraversano il mondo – dalle città ai corpi – ma accoglie anche idee, progetti e pratiche che trasformano la disparità in potenziale di relazione. In un presente segnato da disuguaglianze sempre più radicali, la mostra apre un campo fertile dove il design non risolve, ma rivela e connette.
Milano. Pradoxes and Opportunities ©Alessandro Saletta e Agnese Bedini - ph. DSL Studio
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© Fuorisalone.it — Riproduzione riservata. — Pubblicato il 13 maggio 2025